Il coaching come strumento per la leadership agile (parte 2)

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Breve Recap

Nella prima parte abbiamo visto come far evolvere lo stile di leadership parlando di giudizio, stato di flusso, interferenze. Abbiamo quindi analizzato aspetti problematici e desiderata. In questa seconda parte vedremo come poter modificare lo stile di leadership.

Cambiare il modello di leadership

L’armonia tra i due sé si ha quando la mente è calma e focalizzata, Goleman lo definisce lo stato di flusso. Solo allora si può raggiungere una performance ottimale. 

Lo psicologo umanista Abraham Maslow ha chiamato tali momenti “esperienze culmine”. Nella sua ricerca sulle caratteristiche comuni tra le persone che hanno vissuto simili esperienze, riferisce le seguenti descrizioni: «Si sente più integrato» [i due sé diventano uno], «si sente un tutt’uno con l’esperienza», «si sente al culmine delle sue potenzialità», «pienamente funzionante», «a pieni giri», «senza sforzo», «libero da ogni blocco, inibizione, cautela, paura, dubbio, controllo, autocritica, freno», «è spontaneo e più creativo», «più presente», «non si sforza, non ha bisogni, non ha desideri… si limita a essere».  In sintesi, “armonizzare i due sé” richiede che la mente venga rallentata. Calmare la mente significa meno pensiero, calcolo, giudizio, preoccupazione, paura, speranza, sforzo, rimpianto, controllo, agitazione o distrazione. La mente è quieta quando è ferma nell’ora e nel qui, e attore e azione sono un tutt’uno.

La nostra mente sa creare la realtà che vediamo e questo ormai è la stessa fisica quantistica che ce lo dimostra spiegandoci la dualità delle particelle, l’entanglement (ampiamente dimostrato), il principio di indeterminazione di Heisenberg.

Ecco quindi che anche il leader può creare una realtà diversa partendo da una diversa rappresentazione mentale delle persone che ha davanti, guardandole con “occhiali” diversi, o a dirla alla modalità quantistica facendo collassare diversamente la funzione d’onda che crea la nostra realtà a partire da “tutte le realtà possibili”.

Il Coaching

Come il coaching può essere d’aiuto nella gestione della leadership e della relazione tra leader e componenti del team?

Il coach è un facilitatore che, attraverso accordi ben definiti col proprio cliente, lo aiuta a mettere a fuoco gli obiettivi da raggiungere. Obiettivi che sono propri del cliente e azioni, anch’esse messe a fuoco nel corso della partnership di cui il coach è un professionista e in cui il cliente è l’unico responsabile dell’attuazione. Il coach nel corso del processo (una o più sessioni) utilizza una modalità maieutica, estraendo e mettendo in luce ciò che già c’è e creando un rapporto di fiducia in cui il coach deve lasciare spazio.

Il coach aiuta quindi il cliente a creare un ponte tra dove è ora e dove vorrà essere alla fine della sessione, la direzione è il futuro. Si lascia quindi l’analisi del passato ad altre professionalità.

Il coach non è un counselor, non è uno psicologo, non è un mentore e neanche un consulente.

Mi piace pensare al percorso di coaching come il disegno di una mappa del tesoro che si era persa. Il tesoro è sempre lì, dov’era, ma il cliente ha perso la capacità di vederlo e quindi di trovare la strada per raggiungerlo. Il coach non conosce la strada, ma sa prendere per mano il coachee, un passo per volta, facendogli evitare buche troppo profonde in cui è possibile cadere e tenendo accesa una luce che illumina il futuro.

Insieme il cliente ricostruisce una mappa che poi sarà compito e responsabilità del coachee utilizzare per ritrovare il tesoro.

I concetti base del mindset di coaching possono essere riassunti in: fiducia, capacità del coach di mettere a tacere le sue interferenze (creare spazio) e quindi presenza sul coachee, ascolto, etica, relazione empatica, capacità di conduzione attraverso domande, facilitare l’emergere della consapevolezza, orientamento alla crescita, identificazione di azioni volte a raggiungere l’obiettivo desiderato, sensibilità verso il bene comune (Ubuntu: io sono in virtù di ciò che tutti siamo).

Mettendo tutto a fattor comune

Il leader “evoluto” si sente parte del team stesso in una modalità agile. Valorizza le persone e le tiene al centro del processo circondandosi di persone tecnicamente più competenti di lui in modo da creare quello spazio per potersi concentrare sull’aiuto, per spostarsi verso il coaching.

Il leader vuole tenere le persone in uno stato di flusso non solo perché così i team sono altamente performanti, ma perché le persone stanno bene e quindi, in un’ottica collettiva, tutti stanno meglio, siamo in un’ottica di benessere comune.

Gestisce i rapporti con la fiducia (il Trust) al posto del controllo e dove possibile si annulla affidandosi al team, credendo nelle persone ma anche nella sinergia tra tutti. Il leader deve saper togliere le proprie interferenze create dal sé controllore (Gallwey), deve creare spazio dentro di sé per ascoltare l’altro.

Il leader non solo agisce da coach quando serve, mettendo in atto sessioni uno a uno o di team, ma mette in campo tutte le competenze del coaching mindset nella relazione. Relazione che va creata andando a formare team auto organizzati, in cui non si utilizza la delega come panacea, ma si valorizzano le competenze di ciascuno attraverso un modalità di ascolto.

Qui cogliamo però una differenza rispetto al coach. Il leader può essere parte anche indiretta dell’obiettivo. Un esempio, in un team due persone non comunicano e quindi le performance del team stesso degradano. Il leader può anche decidere di offrire sessioni di coaching a entrambi al fine di migliorarne la comunicazione. In questo caso però i coachee non sono gli unici ad avere un vantaggio nel raggiungimento dell’obiettivo, il team ed il leader stesso ne traggono vantaggio. Una soluzione potrebbe essere quella di utilizzare coach esterni in modo da non avere conflitti di interesse.

Il leader deve necessariamente mettere in atto un ascolto attivo attento alla comunicazione e alle forme non verbali. Sa cosa ascoltare e  cosa filtrare. Interroga con stupore potenziando le risorse del team e lasciando andare le credenze limitanti. Il leader considera l’interlocutore con una visione olistica, vede i suoi valori le sue credenze rispettandole.

Il leader pone domande anche scomode mirate ad evocare la consapevolezza. Esplora il pensiero dei suoi collaboratori per mettere in luce le risorse che serviranno a bypassare un ostacolo per rimodellare schemi mentali troppo basati sul sé 1 di Gallwey.

Aiuta quindi tutto il team a crescere e organizza frequenti retrospettive (in un’ottica Agile) in cui celebrare il lavoro svolto, spiega i key points e propone come utilizzare positivamente i fallimenti come opportunità di apprendimento.

Le tecniche di coaching applicate a queste tipologie di leader servono per una presa in carico a tutto tondo del team. La performance è del team , la crescita, la scelta della direzione da seguire  per il miglioramento continuo sono concetti che il leader porta a livello di gruppo, da uno a tutti, mantenendo però una visione olistica e un concetto di tutti come uno.

Il leader agisce quindi come coach nel senso del bene comune creando un substrato di condizioni in cui le persone possono germogliare da sole.

Conclusioni

La parola chiave è lasciare, tagliare fuori il sé 1 comunicando direttamente con il secondo sé definito da Gallwey così come il leader per stabilire una nuova relazione tra pari deve riferisci al suo bisogno interiore di cambiamento, questo è l’avvio del cambiamento.

I pinguini di P. Kotter lasciano non solo un iceberg diventato casa loro, ma anche un modo stabile di vivere, lo avevano imparato nel tempo ma non gli apparteneva davvero.

Reinventare il rapporto professionale tra team e leader ponendosi in una modalità leader-leader e introducendo un’ottica di interdipendenza in un contesto di mutuo aiuto, questa è la direzione.

I componenti del team sono leader di se stessi in una relazione basata sulla fiducia.

Le tecniche di coaching o meglio, il mindset del coaching, è strumento fondamentale per il leader nelle relazioni day-by-day al fine di implementare una comunicazione basata sull’ascolto. 

Il cambiamento quindi si espande da cambiamento interiore del leader a uno esteriore, come fuori così è dentro potremmo dire utilizzando la legge di corrispondenza di Ermete Trismegisto.

Bibliografia

  1. Giuffredi “L’onda del coaching”
  2. Marquet “Turn the ship around”
  3. Goleman “Intelligenza Emotiva”
  4. Gallwey “The inner game of tennis”
  5. Von Sharmer “La teoria U”
  6. D’anna “La scuola degli dei”
  7. Gilmore “Alice nel paese dei quanti”

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